20 marzo 2007

La piazza è democratica?

Non passa mai di moda, da qualche mese i soliti noti della sinistra radicale italiana inneggiano alla piazza come strumento di influenza politica. Da qualche giorno anche qualche esponente di destra richiama i suoi concittadini a combattere il crimine scendendo a manifestare.
Dal molin, TAV, criminalità milanese, PACS, Dico, gli argomenti ci sono tutti e hanno in comune una caratteristica: si scende in piazza per reclamare i diritti di pochi.
Sorvolando sulla solita discrepanza tra dati delle questure e dati degli organizzatori ( casualmente per gli organizzatori i parteciparnti sono sempre il triplo di quelli stimati dalle questure ), ma la piazza rappresenta veramente la gente?
50 o 100 mila persone hanno i requisiti democratici per dettare legge su tutti gli altri? Spesso nei TG ascoltiamo presunti rappresentanti ( che per inciso mai sono stati eletti e mai hanno preso un voto legittimo) dire frasi di questo tipo: "Siamo in centomila quindi il governo dovrà ascoltarci". In Italia siamo 60 e più milioni di persone: il base al ragionamento di signori come questi dovremmo supporre che i 59 milioni e 900 mila persone che non hanno partecipato sono contrari alla manifestazione? Che legittimazione hanno questi manifestanti? Rappresentano una fetta minuscola e insignificante della popolazione.
Senza contare che a questi cortei si vedono decine o centinaia di bambini in fasce: forse in Italia abbiamo tantissimi bimbi prodigio che a 2 anni si pongono il problema di una base militare o del trasporto ferroviario ad alta velocità?
Ma il voto politico a cosa serve? a eleggere dei rappresentanti o a passare una domenica nella scuola del paese?

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